DL Capienze: liberi tutti sul trattamento di dati
Ecco come il governo ha dato un nulla osta a tutta la pubblica amministrazione e società controllate per acquisire, trattare, comunicare e diffondere dati personali dei cittadini.
Oggi voglio spiegare in modo semplice e sintetico cosa è successo col “Decreto Dapienze” in Italia, in vigore dall’11 ottobre 2021.
Questo decreto, in poche righe, ha modificato il Codice Privacy italiano e completamente ribaltato i principi della normativa europea per la protezione dei dati.
Non solo lotta all’evasione
I giornali non se ne sono curati, se non per annunciare al popolo il geniale intervento del governo per evitare gli “ostacoli della privacy” e potenziare le capacità di lotta all’evasione.
Prima che i paladini del fisco possano pensare che se si parla di lotta all’evasione allora tutto è permesso, fatemi specificare che le modifiche al Codice Privacy si applicano ad ogni ambito della pubblica amministrazione, non solo a quello fiscale.
Nessun processo legislativo
Vediamo insieme cosa cambia col DL Capienze
Prima: Ogni trattamento di dati (o insieme di trattamenti necessari a perseguire uno specifico fine) doveva essere previsto da un atto di legge (primaria o secondaria).
Dopo: la pubblica amministrazione adesso è sempre legittimata a trattare, comunicare e diffondere dati personali anche senza che questo sia previsto da un atto di legge. Sarà sufficiente un atto amministrativo generale (che non è una fonte di legge). In pratica, dirigenti pubblici, sindaci e tanti altri soggetti potranno decidere di acquisire e trattare dati dei cittadini fin tanto che questi siano necessari a perseguire un “interesse pubblico”.
Problema: si traduce in un “rinvio in bianco” tautologico. È legittimo, in quanto fatto nel pubblico interesse, qualsiasi trattamento di dati fatto per perseguire un pubblico interesse.
Chi definisce cosa è nel pubblico interesse o cosa no? Di solito, la legge. Senza legge, vale tutto.
Nessuna trasparenza
Il processo legislativo è lo strumento usato dalla pubblica amministrazione per pianificare le attività e per garantire il rispetto dei principi democratici, come la trasparenza.
Senza processo legislativo non può esserci trasparenza. Senza legge, non c’è neanche dibattito politico. Senza trasparenza e senza dibattito politico, crollano i principi democratici e l’attività della pubblica amministrazione diventa autoritaria by default.
Nessun controllo
Questo nuovo libero arbitrio della pubblica amministrazione causerà un’irreversibile perdita di controllo sui nostri dati. Senza una legge che definisca gli obiettivi perseguiti dalla PA e il conseguente trattamento di dati, non possiamo più sapere cosa verrà fatto coi nostri dati, a chi verranno comunicati, e per quali motivi saranno usati.
In Italia ci sono decine di migliaia di enti pubblici e società a partecipazione pubblica, che dall’11 ottobre potranno comunicare (anche a terzi privati) milioni di dati dei cittadini italiani, senza alcuna pianificazione.
Nessuna garanzia
Non solo nessuna trasparenza e perdita di controllo ma questa riforma del Codice Privacy rischia anche di provocare un trattamento incauto di dati personali da parte degli enti pubblici, che già ora non hanno le competenze necessarie a trattare dati nel rispetto della legge (sono tra i soggetti più sanzionati dall’Autorità).
Legittimare qualsiasi trattamento di dati rischia di creare un contesto in cui circolano enormi quantità di dati, senza però alcuna garanzia per il rispetto dei diritti delle persone.
A questo deve aggiungersi anche l’abrogazione dei poteri di intervento preventivi del Garante Privacy, che ora potrà soltanto agire a posteriori. Ma con ben poche risorse a disposizione, l’Autorità non avrà mai modo di intervenire su ogni violazione di legge.
Incrocio e scambio incontrollato di dati
Il rischio concreto è che adesso si possano moltiplicare ipotesi di sorveglianza “indiretta”, semplicemente dando la possibilità alle pubbliche amministrazione di scambiarsi e incrociare dati senza alcuna trasparenza e senza i paletti della legge.
Ad esempio, in questi giorni circola la notizia del Comune di Verona che ha installato alcuni sensori per identificare i dispositivi tipo smartphone per monitorare i flussi pedonali nel centro storico.
Partendo da un fatto come questo, che può sembrare banale (non lo è), non ci vuole poi molto a immaginare un coordinamento tra diverse amministrazioni e società controllate (es. quelle dei trasporti) per creare una rete di sorveglianza permanente dei flussi di persone su tutto il suolo nazionale.
A questo deve aggiungersi poi l’uso sempre più crescente di tecnologie avanzate come i software per l’analisi forense e per l’analisi predittiva, già in progetto presso alcuni comuni italiani, come Torino (progetto Argo).
Fra qualche anno potremmo ritrovarci le città piene di telecamere evolute e sensori che tracciano nel dettaglio ogni nostro spostamento e azione, sia con la nostra faccia (identificazione biometrica), che attraverso i dispositivi che portiamo addosso.
Effetti collaterali
Tra gli effetti secondari di questa modifica al Codice Privacy vale la pena menzionare il fatto che il trattamento dei medati telefonici (tabulati) oggi non è più coperto dalle misure di garanzia previste dal Garante Privacy, in quanto questo potere è stato abrogato.
I metadati telefonici sono il primo e forse più importante elemento attraverso il quale uno Stato può controllare la popolazione e sorvegliare le persone. E oggi abbiamo tutti meno tutele anche sotto questo aspetto.
Questa riforma non può passare
AGGIORNAMENTO: la riforma è passata. Il DL Capienze è stato ratificato in legge.
Il decreto legge è oggi in fase di esame da parte del Parlamento, per essere poi ratificato con il DDL 2409.
Il 2 novembre ho partecipato a un’audizione della Commissione Affari Costituzionali del Senato come portavoce di Privacy Network, per evidenziare tutti questi problemi.
Se la riforma passasse così com’è, sarebbe molto difficile tornare indietro. I diritti dei cittadini italiani e gli spazi di libertà sarebbero limitati di molto.
È triste assistere al silenzio della maggior parte dei giornalisti su un tema così importante, che ribalta completamente i meccanismi di potere tra Stato e cittadini.
Ma probabilmente è un sintomo dei tempi che corrono.